Si tratta di una mostra “site-specific”, progettata per la Basilica di Santa Maria Maggiore di Bergamo (https://www.fondazionemia.it/it/basilica) e composta da tre installazioni.

L’installazione di Giovanni Bianchini, dal titolo “Rotte”, era formata da due grandi scatole aperte ricoperte da innumerevoli frammenti di quotidiani stranieri (cinesi, tailandesi, giapponesi, serbi, arabi…) incollati uno accanto all’altro, per creare raccordi di casualità e nuove relazioni di senso: un omaggio all’apertura, all’inizio e alla disponibilità.

La videoinstallazione di Andrea Minoglio, dal titolo “La vera storia di un povero cristo”, raccontava la “vicenda esemplare” di un immigrato, arrivato in Italia su un barcone di disperati e finito a raccogliere pomodori, attraverso 4 + 1 “video-quadri”, situati in posti diversi (qui sono stati riuniti in un singolo video). Era un atto di denuncia della nuove forme di schiavitù e, dal punto di vista formale, un tentativo di trasformare qualcosa di strutturalmente diacronico, come il video, in una narrazione simultanea: un po’ come avviene in certi quadri, dove avvenimenti svoltisi in diversi momenti temporali coesistono in un unico spazio.

L’installazione sonora di Gianpaolo Pedroni, omaggio contemporaneo al concetto di “Harmonia Mundi”, sottolineava l’aspetto spazio-temporale e umano del luogo e delle installazioni presenti. I suoni avevano una provenienza naturale (dagli oggetti e dal lavoro umano) come nella migliore tradizione della musica concreta e si stagliavano nello spazio per colmare il silenzio interiore, rapportandosi al concetto dell’apertura all’altro da sé.

LA VERA STORIA DI UN POVERO CRISTO

Interpreti: George Brown (il povero cristo), Mollah Alibou (clandestino), Doudou Mbayte (clandestino), Francesco Noya  (clandestino morto), Moustafa Omichessan (clandestino), Gianpaolo Pedroni (clandestino), Eslim Sewornu (clandestino), Paolo Volpato (clandestino), Shisha Yohannes (clandestino), Giulia Parmigiani (infermiera), Ludovico Canetti (becchino), Marino Russello (becchino, caporale), Giovanni Bianchini (scafista, caporale)
Assistente di produzione: Giulia Parmigiani
Audio: Gianpaolo Pedroni
Scenografia: Giovanni Bianchini
Riprese: Salvatore Laforgia
Regia e montaggio: Andrea Minoglio
Note: 4 degli attori che prendono parte al video, tra cui il protagonista, sono rifugiati politici e hanno vissuto realmente sulla loro pelle alcune delle vicende che il video stesso cerca di rappresentare: l’attraversamento del deserto, il viaggio su un barcone della speranza, la morte di un loro amico durante il viaggio, l’arrivo stremati, il lavoro nei campi in condizioni di schiavitù
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BACKSTAGE VIDEO

LA MOSTRA

C’è identità senza alterità? Nei sistemi non totalitari una frontiera non è una barriera: è un ostacolo simbolico, un invito a passare nell’altro campo.

Marc Augé

Il tentativo della mostra “Open.Aperture” è legato alla comprensione di chi viene definito “non-persona” della globalizzazione: migranti, nomadi, profughi, ovvero coloro che minaccerebbero la convivenza del ricco Occidente, tollerati come ospiti lavoratori, prossimi all’espulsione. La questione è sottilmente complessa. Gli artisti qui indagano l’immagine di colui che per necessità fugge dalla sua terra per cercare una via salvifica in uno stato ricco. Chi fugge dalla propria terra desolata si affida all’illusione che viene mostrata dalle televisioni dei Paesi occidentali, passa dalla previsione di trovare un futuro migliore, all’azzardo, per approdare alla consapevolezza che la realtà poi è molto diversa. Una mostra quindi sull’apertura e sulla comprensione, per cercare di andare oltre il modello filosofico occidentale della complementarietà, che la storia ha rilevato come inadeguato per l’incontro tra le culture. Apertura come paradigma comunicativo con lo straniero, per uno scambio omeostatico tra l’altro e noi stessi. Uno sforzo per un’effettiva comprensione dello straniero che potremmo diventare.

Mauro Zanchi, dal catalogo della mostra

Installazione scultura in Piazza Vecchia

Dentro la Basilica di Santa Maria Maggiore

RINGRAZIAMENTI

In ordine sparso: ai nostri finanziatori (Brunella, Gil e Riccardo, Alessandro e Luci, Cecilia, Lorenza e il panificio Tresoldi…), a Carlo che coltiva ottima verdura biologica a Scanzo Rosciate e ci ha prestato il campo, a Davide che mi ha fatto conoscere alcuni degli attori e soprattutto agli attori che hanno accettato di lavorare gratis, a Fabio e Silvana per le foto e per un tendalino che non voleva stare in piedi, a Barbara per la pazienza con cui ci sopporta ma anche per pane, pizza e focacce, a Marina senza cui la mostra non sarebbe mai stata aperta per così tanto tempo, a Cinzia per le prove iniziali dell’installazione, a Fabrizio, Giovanni, Ferrario, Kino, Luigi, Stephan, Alberto, Ennio, Francesca, Mark e Rosanna, Anna e Marisa, Giacomo, Ske e Massimiliano, Mauro, Salvatore e Giulia per l’aiuto, ad Adrian che mi aiuta a tenere in piedi questo sito, a chi è venuto e a tutti quei bergamaschi che, nonostante tutto, pensano che al centro della loro città, dentro uno dei loro simboli più importanti e visitati, possa battere anche un grande cuore nero.